
Il concetto di permanenza mi piace. Mi piace perché è in netta contrapposizione con il concetto di evoluzione (che mi piace ancora di più) e perché l’uno accresce grazie all’altro. Amo questa interazione.
Il dizionario dice infatti che “il permanere in una determinata condizione, nelle scienze della natura, si contrappone a quello di evoluzione”. In geologia, ho scoperto, la permanenza degli oceani o della aree oceaniche è la teoria per la quale i fondi oceanici sarebbero stati dove si trovano ora sin dalle più antiche ere geologiche. Incredibile, aggiungo io, come una cosa che si muove di continuo come l’acqua degli oceani in realtà nasconda sotto di sé una situazione immutata da intere ere.
In matematica invece il principio di permanenza (no, non lo spiego, tranquilli, non me lo ricordo e non ho nessun intenzione di spolverare i libri di matematica) ricordo che era legato all’ampliamento di un insieme numerico (evoluzione) che conserva le principali proprietà. Come l’oceano. Come la vita, mi vien da dire. Si evolve ma si conserva sempre qualcosa che permane dentro di noi. E forse è proprio questo il bello dell’evoluzione!
Tanti sono i sinonimi di permanenza: essere, stare, abitare, rimanere.
Lo yin yoga offre l’opportunità di capire meglio la permanenza. È uno stile delicato e allo stesso tempo estramamente potente di vivere le asana perché le posizioni si mantengono per un po’ di tempo (qualche minuto, dipende dalle posizioni) consentendo al nostro corpo di essere totalmente coinvolto. Lo yin yoga si fa a muscoli freddi affinché sia il tessuto connettivo (quel tessuto, o organo, che come una maglia ricopre i muscoli, le ossa e i tendini) a essere stimolato. Grazie a questo lavoro viene stimolato il Qi, la nostra energia vitale, perché la permanenza in una certa posizione passiva aiuta a caricare l’energia e a purificarne i meridiani. I meridiani sono collegati agli organi che, a seconda della stagione, hanno bisogno di un sostegno maggiore. Adesso per esempio, in primavera, sono fegato e cistifellea a fare il super lavoro e lo yoga può venire in aiuto per il loro equilibrio.
Lo yin yoga esiste con molta probabilità da chissà quando, ma è solo grazie al lavoro e alla ricerca di Paul Grilley che questo stile ha avuto – finalmente – la notorietà che meritava.
Upavista Konasana nello yin yoga si chiama Dragon Fly e il suo mantenimento in permanenza stimola il meridiano interno delle gambe, il meridiano Fegato. Ma agisce anche sul meridiano Reni e Vescica. Quando esegui una posizione yin yoga, il respiro è normale, senza forzature.
Sono possibili anche della varianti, con le gambe al muro per esempio, oppure con il busto eretto si può entrare in torsione sia laterale che in rotazione con la colonna vertebrale.
La foto sopra è di Giorgio Uccellini ed è tratta dal mio primo libro “Yoga secondo natura”, il fantastico completo che indosso è di Yoga Essential.
Buona pratica!
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