Ci sono tantissime tecniche di meditazione. Si può meditare a occhi chiusi, o aperti fissando un punto, il muro di fronte, il pavimento, la luce di una candela. Si può meditare perfettamente immobili o camminando. Si può meditare avvolti dal solo silenzio (che non esiste, sia chiaro) oppure con una dolce musica in sottofondo. Tutte le tecniche rispondono al vuoto che si crea dentro di noi. Meditare non significa soffermarsi sui pensieri. Tutt’altro. Significa eliminare ogni pensiero. E non è affatto semplice, ma, appunto, esistono delle tecniche che insegnano a farlo. E le prime volte sono piuttosto disastrose per tutti, perché subentra sempre lui, il pensiero, che porta il nostro corpo in uno stato di agitazione, di allerta continua. Si presta attenzione a ogni singola cosa oltre noi e permettiamo che questi rumori diventino dei fastidi molesti.
Apro una parentesi curiosa. L’etimologia di fastidio incrocia due aspetti che dovrebbero farci pensare: l’orgoglio (fastus) e il tedio, la sofferenza (taedium). L’ego si mette sempre di mezzo e la meditazione è uno strumento meraviglioso per imparare a lasciare andare il nostro ego così ipersviluppato.
Le mie lezioni iniziano sempre con una breve meditazione il cui scopo è unicamente quello di portare l’attenzione al momento presente ma anche al corpo, quel corpo che oltre al respiro consente la mobilità e il movimento che via via si farà sempre più intenso. Sono minuti preziosi, in cui immergersi nella libertà del vuoto è ogni volta una scoperta, un tuffo liquido in un qualcosa che è sempre diverso e sempre nuovo. Una boccata di libertà che permea il nostro ego sempre così chiassoso.
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