
Lo sguardo cambia la prospettiva di quello che stiamo osservando. È molto difficile vedere la realtà così com’è. Lo sguardo ha sempre qualche patina sopra, qualche filtro che ha l’inconsapevole ruolo di pre-giudicatore, qualcosa che rende l’oggetto osservato diverso da come lo sia in realtà.
Il potere dello sguardo è una vera potenza. Chi si occupa di comunicazione lo sa molto bene. E non solo perché lo sguardo decide se prestare attenzione o meno a qualcosa, ma perché ogni sguardo è diverso. Semplicemente, perché ognuno di noi è diverso.
La nostra unicità rende quindi unico anche l’osservato. Perché la visione rimane pur sempre un paradigma dell’esperienza sensoriale. Non è che vediamo e basta. Ma a quel vedere ci aggiungiamo anche tutto il bagaglio di conoscenza diretta acquisita in precedenza. Quindi non vediamo solo un tramonto sul mare. Non vediamo solo il sole che si tuffa nell’orizzonte acqueo. Ci vediamo anche le sensazioni e le emozioni che quella visione comporta.
Nello yoga si parla di darshana (in sanscrito darçana) la cui radice significa visione, comprensione, punto di vista, vedere, contemplare, comprendere. È inteso come un sistema di affermazioni coerenti col fine di “liberare l’uomo dall’ignoranza”. Darshana significa anche sembianza, apparenza ed è inteso come lo specchio della verità: non è la verità. Allude a una realtà suprema ma di per sé non la costituisce.
L’uomo medievale era sottoposto alla visione di circa 600 immagini in tutta la sua vita. L’uomo di oggi a 600 mila immagini al giorno. E la struttura cerebrale è pressoché identica. Le troppe informazioni sono quindi impossibili da gestire e il nostro cervello tende, comprensibilmente, a selezionare perché i troppi impulsi poratno inevitabilemnte a una sorta di distrazione cronica e continua. Come se la distrazione fosse sempre in sottofondo e anestetizzasse la nostra mente e il suo vero potenziale.
Lo yoga ci offre una chiave di lettura: dristi – il guardato, l’oggetto che cattura la vista – rappresenta proprio il potere dello sguardo. Quante volte, durante la pratica yoga, cambiando solamente punto di vista, magari alzando lo sguardo, si riesce a fare quello che prima ci sembrava impossibile.
Dristi ci aiuta a eliminare le fluttuazioni della mente, perché ci obbliga a mantenere lo sguardo (e quindi l’allineamento del corpo, nel caso di una postura) fisso in un’unica direzione.
Portare dristi fuori dal tappetino è una grande opportunità. Perché dristi ci obbliga a soffermarci sulle cose, a osservarle. Ognuno vede sempre quel che sa. Quello che riesce a vedere.
Diamoci sempre la possibilità di guardare, osservare e vedere un po’ di più. Magari anche da altri punti di vista.
Tra qualche giorno parto per il primo summer yoga break, ad Alicudi, il tema su cui lavoreremo è “sentire e vedere, una nuova visione” e non vedo l’ora (non potevo usare altra parola…) di condividere e approfondire con le fortunate ragazze di Alicudi questo tema che tanto amo in un’isola che amo ancora di più.
Love
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